PRIME IMPRESSIONI DALLA CASETTA GIALLA
Cari amici sinergici,
Due settimane e mezzo sono passate dal mio arrivo a Lima e finalmente sono riuscita a prendermi del tempo per scrivere. Arrivata all’aeroporto Martin mi ha accolta ed ho avuto il primo impatto con il caotico traffico di Lima. Dopo una mattinata di formazione sui bambini ed adolescenti di strada ed un tipico pranzo peruviano ci siamo diretti a Pachacamac, luogo dove si trova la casa de acogida (casa di accoglienza) “Raytos de Luz” che accoglie i nostri bambini e ragazzi. Subito vengo accolta da questi ultimi che si dimostrano curiosi di conoscermi. Abbiamo il tempo per cenare assieme e conversare un po’ per lasciare che la stanchezza prenda il sopravvento.
Dal giorno seguente comincia a tutti gli effetti la mia avventura in casetta gialla. Le giornate iniziano molto presto e terminano altrettanto presto per far si che i ragazzi possano riposare e per sfruttare al meglio le ore mattutine. Durante il giorno i ragazzi hanno una routine prestabilita: si alzano, fanno colazione, puliscono e sistemano in base ai compiti a loro assegnati ed infine seguono le attività. Vi sono infatti del talleres interni ed esterni (corsi) di musica, ceramica, bio orto, rinforzo scolastico e sport vari a cui i ragazzi partecipano mentre nel tempo libero le attività spaziano da partite di calcio, al gioco delle carte, a passeggiate al fiume e molto altro. I ragazzi attualmente inseriti sono 3: Angel, 15 anni, Pablo, 12 anni e Jesus, 12 anni. Ognuno di loro ha delle proprie peculiarità e pian piano ci stiamo conoscendo. Giorno dopo giorno stiamo imparando a volerci bene. Angel, un ragazzo che inizialmente sembrava essere introverso, spesso ѐ mio compagno di allenamenti e corsa mattutini nonchѐ sessioni di yoga e spassose risate; Jesus, il giocherellone della casa, ha sempre voglia di giocare, a carte o a calcio ed ѐ un gran coccolone; infine Pablo, colui che pazientemente mi corregge lo spagnolo, mi insegna a fare braccialetti e che, come Jesus, ama essere coccolato oltremodo. Oltre ai ragazzi vi sono gli educatori della casa Walter, Nilo ed Edilberto, la psicologa Silvia, l’assistente sociale Yasmin e gli educatori di strada Martin e Freddy che trascorrono dei giorni anche in casa. Con tutti loro mi trovo bene ed ho avuto la possibilità di ascoltare le storie dei ragazzi e di confrontarmi su tanti aspetti sia per favorire la relazione con i ragazzi stessi sia per essere un aiuto all’interno della casa. Silvia e Yasmin mi hanno raccontanto più approfonditamente i vissuti in famiglia ed in strada dei ragazzi. Sono rimasta molto colpita da quanto ascoltato poichѐ spesso accade che noi occidentali diamo per scontato tante cose. Quando si sentono storie di giovani che all’età di 10-12 anni hanno vissuti psicologici, sessuali ed emozionali traumatici e di violenza non ѐ semplice rimanere indifferenti.
Ciò che mi piace della casa ѐ il fatto che l’adesione del ragazzo al programma ѐ libera, ovvero dipende dalla sua volontà. Ciò significa che i ragazzi possono scegliere se restare o meno: a volte può succedere che tornino in strada, dove purtroppo tornano a contatto con situazioni rischiose (droga, prostituzione, furti e violenza), in altri casi il progetto riesce ad evitarlo coinvolgendo la famiglia a cui viene chiesto di farsi carico del ragazzo. All’interno della casa le regole sono ben salde e vi ѐ un processo in fasi che compone il programma del ragazzo. Più passa il tempo, più aumentano le responsabilità richieste. Questo processo ѐ cosi strutturato per far sì che coloro che terminano il programma riescano a tornare alla realtà con obiettivi quali terminare gli studi, trovare un lavoro ed essere maggiormente autonomi per evitare di ricadere in dinamiche vissute in strada dove il valore per la vita in molti casi si annulla o perde di importanza. Ciò che si cerca di trasmettere ai ragazzi sono alcuni valori quali onestà, trasparenza, importanza dell’avere accanto delle persone a cui voler bene e con le quali instaurare delle relazioni sane e costruire un futuro e tanti altri quali l’importanza dell’istruzione e di perseguire un obiettivo. Per loro non dev’essere facile lasciare da parte le logiche e dinamiche interpersonali e relazionali con le quali sono cresciuti in strada o nelle loro famiglie. Per questo lo sforzo che viene loro richiesto ѐ molto grande e li ammiro poichѐ hanno deciso di mettersi in gioco per ricostruire la loro vita. Sento una grande stima anche per tutti coloro che quotidiamente lavorano a contatto con queste situazioni. Da un lato il vivere costantemente a contatto con questi ragazzi non rappresenta un carico psicologico e fisico leggero ma d’altro canto ѐ estremamente arricchente ed a me, personalmente, permette di riflettere quotidianamente su quanto incida il contesto culturale, familiare e sociale in cui ognuno di noi nasce, cresce e vive. In questi ultimi giorni sto leggendo una guida del Perù e mi ha colpito una frase di Terzani in esso riportata: “Ogni posto ѐ una miniera. Basta lasciarsi andare, darsi tempo, osservare la gente. Cosi anche il posto più insignificante diviene uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità davanti al quale ci si potrebbe fermare senza bisogno di andare altrove. La miniera ѐ esattamente dove si ѐ: basta scavare”.
Mi sento fortunata perchѐ grazie a Sinergia sto avendo la possibilità di scavare anzitutto dentro me stessa ed in vissuti, persone ed una cultura altra che giorno per giorno mi stanno facendo crescere e mi mostrano che c’ѐ sempre una seconda possibilità se si vuole superare gli ostacoli ai quali la vita ci sottopone.
Un abbraccio a tutti voi, a presto!
Anna